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Chiesa Santi Apostoli Pietro e Paolo

Chiesa Santi Apostoli Pietro e Paolo


La chiesa, che sorge nella parte alta del paese, nei pressi del Castello Normanno/Svevo, è una delle più antiche di Morano, risale infatti al 1007. Purtroppo vari rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli non permettono di individuare con precisione gli elementi architettonici originari.
Il campanile, d’epoca medioevale, si presentava inizialmente distaccato dal resto dell’edificio ed è tuttora arretrato rispetto alla chiesa. Risultato dei lavori eseguiti tra il 1822 e il 1886 è invece la cupola a calotta. Lo spazio interno della chiesa, attualmente a tre navate e a croce latina, deve il suo aspetto tardo-barocco, con dichiarati preludi al rococò, agli interventi di fine secolo XVIII. Le opere più antiche risalgono al XV secolo: agli inizi del Trecento sembra assegnabile il Fronte di Sarcofago (murato nella parete laterale sinistra della sacrestia), bassorilievo su pietra appartenente alla tomba della famiglia Fasanella, feudataria di Morano dal 1200 alla metà del ‘400. Di stile quattrocentesco è l’affresco che si osserva nel primo altare della navata sinistra, raffigurante la Madonna delle Grazie, proveniente dalla omonima e ormai diruta chiesetta, sita fuori le mura. Di particolare pregio è la Croce processionale d’argento (1445), dono del sacerdote Antonello de Sassone. Il manufatto  è ascrivibile a una bottega di argentieri  abbruzzesi, di Guardiagrele.

Nelle nicchie laterali dell’altare maggiore e in quelle dei bracci laterali del transetto sono collocate due coppie di statue marmoree di Pietro Bernini (1562-1629), padre di Gianlorenzo, noto scultore barocco di origine toscana attivo a Napoli tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600: la S. Caterina d’Alessandria e la S. Lucia, originariamente pertinenti la chiesa degli agostiniani di Colloreto, sono opere del 1592. Il San Pietro (transetto sinistro) e il San Paolo (transetto destro), patroni dell’omonima arcipretura moranese, sono invece del 1601. Le due coppie di sculture testimoniano fasi diverse dell’opera del Bernini: più esuberanti le prime, volte ad ottenere effetti pittorici e luministici della materia, più classiche le seconde.

Allo stesso secolo, il XVII, risalgono altre due sculture: la statua lignea della Candelora (V altare, navata sinistra), che proviene dal Convento di Colloreto, attribuita a Giovan Pietro Cerchiaro, esponente dell’artigianato locale della seconda metà del Seicento, e la statua marmorea di S. Carlo Borromeo (braccio destro del transetto), attribuita ad autore di cultura napoletana, la quale risulta inserita in un maestoso altare di gusto tardo secentesco, ricomposto nel secolo successivo e nei primi anni del Duemila. Tra le opere pittoriche della chiesa ricordiamo il Compianto sul Cristo morto (III altare, navata destra) di Cristofaro Roncalli detto il Pomarancio (1552-1626), pittore di origine toscana, attivo tra Roma e le Marche. La tela era parte integrante di un polittico poi smembrato, i cui laterali, raffiguranti San Pietro e San Paolo, si ammirano oggi nell’abside. L’opera, coronata un tempo dallo stemma dell’Universitas Murani, decorava probabilmente l’altare di Santa Maria della Pietà, una Congrega con sede in questa chiesa e luogo pio della menzionata Universitas. Da segnalare è pure l’Immacolata (1602) di Pedro Torres, un tempo pala dell’altare maggiore, oggi custodita in sacrestia. Belle e interessanti pale d’altare sono quelle attribuite a Giovan Battista Colimodio da Orsomarso, pittore calabrese aggiornato sulle novità del naturalismo napoletano del Seicento. Le opere, datate 1666, raffigurano rispettivamente la Madonna col Bambino in trono e quattro Santi (II altare, navata destra) e l’Adorazione dei pastori (III altare, navata sinistra).

I rinnovamenti artistico-architettonici che nel corso del XVIII secolo interessarono l'Arcipretura coincidono con quelli delle altre chiese moranesi dedicate a San Nicola e alla Maddalena, e sono concomitanti con la disputa che vide impegnate le tre parrocchie in lotta per il titolo di "madrice" e "arcipretura". A quest’epoca risalgono gli altari marmorei, provenienti da Napoli sul finire del secolo XVIII. Gli arredi lignei sono invece della nota locale bottega dei Fusco; della bottega di Agostino e Mario è il Pulpito. Il Coro, in prezioso stile rococò, è il capolavoro di questa famiglia di ebanisti, che ricorre con sapienza e abilità di esecuzione a decori raffinati “à la page” con le novità del rococò europeo. L’opera, iniziata da Agostino, nel 1792, venne terminata dal figlio Francesco Mario, che ultimò la sedia presbiteriale nel 1805 insieme a un certo Romualdo Le Rose. In alto, nelle piccole cimase, non passano inosservati i medaglioni dipinti che simulano le decorazioni ‘a cammeo’, tipiche anche queste del mobile “rocaille”. Sono piccoli ritratti degli Apostoli, eseguiti da Genesio Galtieri, pittore calabrese originario della vicina Mormanno (documentato dal 1768 al 1810), collaboratore dei Fusco.